La protesta dei ricercatori

Come è noto, in conseguenza della proposta di riforma dell'Università, riforma che praticamente tutti riconoscono come necessaria, i Ricercatori Universitari (e in molti atenei anche i Professori di I e II fascia, ovvero Ordinari ed Associati) sono entrati in agitazione: questo avviene perché una riforma è senz'altro necessaria, ma la proposta corrente non è adeguata, in diversi aspetti, alle necessità.

La protesta
Attualmente la protesta del corpo docente si concretizza nell'astensione da tutti i compiti non obbligatori: questo porta i Ricercatori Universitari a non tenere corsi (in quanto li hanno sempre svolti in forma prettamente volontaria per compensare le carenze di personale di I e II fascia) e i Professori di I e II fascia ad attenersi al numero di ore di docenza minime stabilite per legge. Pertanto non si tratta assolutamente di categorie in sciopero, ma semplicemente di categorie che hanno deciso di smettere di lavorare gratis per compensare il sottodimensionamento del sistema.

Se ne parla poco
Gli organi di informazione in merito danno generalmente poca informazione e molto confusa, per scarsa comprensione del problema: a ciò si aggiungono i tentativi di strumentalizzazione politica della protesta, che contribuiscono a confondere le idee ai non addetti ai lavori.

La riforma
La riforma è argomento complesso: invito tutti a leggere quante più fonti possibili (e naturalmente il testo della riforma) per chiarirsi autonomamente le idee, evitando blog, trasmissioni televisive e giornali notoriamente faziosi. La sua complessità ovviamente si rispecchia in una pluralità di sfumature di pensiero tra coloro che protestano, ma nella sostanza due sono i grossi temi su cui tutti concordano: il problema della governance e il problema dei Ricercatori Universitari. A questi problemi si aggiunge un taglio progressivo dei fondi alle Università, che in alcuni casi non riusciranno a pagare gli stipendi al personale già dal prossimo anno, con ovvie conseguenze sui servizi che saranno in grado di offrire e sulle tasse universitarie (che attualmente coprono generalmente un terzo del costo della formazione di uno studente). Nessuno può negare che le Università non siano esenti da responsabilità, avendo a volte abusato dell'autonomia loro conferita: ma non si può non considerare il numero spropositato di riforme che sono state fatte a costo zero (cioè senza dotazioni di bilancio aggiuntive per sostenerne i costi) per tentare di compensare gli squilibri causati dall'introduzione della riforma Berlinguer (quella che istituì il cosiddetto 3+2 e che ha sostanzialmente moltiplicato il numero degli studenti che insistono sulle stesse strutture universitarie, svilendo peraltro il valore dei titoli conseguiti). Una buona sintesi del problema, abbastanza neutra, si può leggere qui.
A tutto ciò si aggiunge il congelamento degli scatti di anzianità per 3 anni disposto dalla legge finanziaria: l'unica categoria in Italia che non sarà indennizzata a posteriori è quella dei docenti universitari, e un giovane ricercatore (il cui stipendio netto è circa 1300 euro al mese) in conseguenza di ciò a fine carriera avrà perso più di 200000 euro.

La governance
La riforma, di fatto appoggiata dalla CRUI (la conferenza dei Rettori) ma paradossalmente non dalle Università o dai singoli Rettori, cerca di risolvere i malfunzionamenti organizzativi trasformando il Rettore sostanzialmente in un sovrano assoluto ed aprendo i Consigli di Amministrazione ad esterni (si teme l'ingresso di politica e interessi in contrasto con lo sviluppo culturale e scientifico del Paese), minimizzando la rappresentanza interna degli Atenei (ovvero escludendo i Ricercatori Universitari tutti - circa la metà del personale docente in Italia - e rendendo ininfluenti i professori delle due fasce) con l'obiettivo di provare i cosiddetti "baroni" del loro potere di condizionamento: ma di fatto consegnando (per 4+4 anni...) le università proprio a "baroni", per di più senza possibilità di controllo.

Il destino dei ricercatori
Inoltre la riforma non offre nessun futuro alla categoria dei Ricercatori Universitari, già posti ad esaurimento, e cancellati completamente da tutti i consessi universitari: e di fatto, non essendovi data la congiuntura economica i fondi necessari, condannandoli a non avere ulteriori possibilità di avanzare nella carriera, e quindi a rimanere fino alla pensione la categoria peggio pagata dell'università in tutto il mondo occidentale.